Dove la luce abita.
Il nostro studio respira luce nelle stanze rinascimentali di Palazzo Gondi, dove ogni giorno architettura e arte s’incontrano con naturalezza, guidate da un ascolto attento e da un’idea di bellezza che cerca equilibrio nella misura. In questa cornice di storia e responsabilità abbiamo dato vita a una fragranza identitaria, estensione sensoriale di un piccolo progetto culturale che racconta lo spazio in cui nascono le idee.
La soglia, l’inizio.
Il desiderio di creare un profumo nasce da un’immagine semplice: la soglia. È il punto dove lo spazio cambia e vuole diventare esperienza. L’idea era quella di un’essenza lieve, capace di dare atmosfera prima ancora delle parole. Si cercava un gesto discreto per introdurre la nostra idea d’accoglienza, un’intimità presente senza essere invadente, costruita con la stessa cura che riserviamo ai nostri progetti.
Profumo di memoria.
Se dovessimo raccontarla con un’immagine, sceglieremmo l’oro. Non il metallo, ma la luce calda che suggerisce, la presenza sottile che illumina. In questo che volevamo esprimere, Palazzo Gondi ha avuto un ruolo importante. Abitare e vivere ogni giorno un edificio così ricco di memoria ci ha portati a immaginare un profumo che sapesse durare, in equilibrio tra tradizione e contemporaneità. È un ambiente che invita alla misura e alla profondità, pur lasciando spazio alla leggerezza, qualità che abbiamo tradotto in note.
A forma di fragranza.
La fragranza ha preso forma in modo morbido, seguendo un processo lento e fluido. Come nella progettazione, tutto dipende da un equilibrio tra struttura e piccoli dettagli. Così è nata una storia in tre momenti: apertura, cuore e fondo. La macchia mediterranea emerge con forza e richiama la Toscana o la Magna Grecia, davanti a un’architettura che dialoga con il paesaggio. L’apertura è luminosa, con peonia, talco e una lieve freschezza fruttata. Il cuore porta iris, borotalco e lino, come un raggio di luce che taglia una stanza. Il fondo unisce resine morbide, spezie leggere e legni di guaiaco, sandalo e cashmeran. Al centro c’è il cipresso, che in epoca romana segnava l’ingresso e invitava al passaggio. L’idea di “accordo-arazzo” descrive bene il logo olfattivo: una trama di materiali e sensazioni in cui ogni nota è un filo, proprio come nei tessuti che accolgono e definiscono uno spazio. E basta cambiare un filo perché cambi anche tutta la storia.
Ciò che resta nell’aria.
Il profumo vivrà con noi, condiviso con tutti coloro che ogni giorno vivranno questo spazio. Il desiderio è che lasci memoria. Che arrivi piano e resti, come certi luoghi che continuano a parlarti anche dopo tempo.
La luce che ridisegna lo spazio.
La naturale evoluzione del progetto ci ha condotti verso la creazione di una candela che custodisse questo accordo olfattivo, portando una luce capace di accompagnare gli ambienti delle persone a noi care. Un oggetto pensato per illuminare e proteggere, in continuità con il significato originario del fuoco. Abbiamo avuto il privilegio di progettare la teca per preservare le pietre focaie del Santo Sepolcro, studiando attentamente la simbologia del fuoco sacro pasquale. È un tema che ci appartiene: la luce serale richiama poi gli antichi focolari, quando ci si riuniva attorno a quel calore confortante. Accenderla è un atto semplice, un’offerta. Un gesto quotidiano che sostiene e invita al riposo.
Fiamma che accompagna.
Immaginiamo che questa candela porti nelle case una luce vicina al nostro modo di progettare. Se la fiamma invita alla riflessione e il fuoco richiama un tempo remoto, favorisce la concentrazione e traccia un limite tra ciò che resta fuori e ciò che sentiamo nostro. Bruciando, trasforma lo spazio: consuma aria, genera ombre, modifica i volumi. È già un gesto architettonico, perché progettare significa dialogare con luce e ombra, con apparizione e attesa.
Le porte che ci attraversano.
Per raccontarla le abbiamo dato una veste, disegnando cinque porte legate alla nostra storia e alla città, accompagnate da piccole chiavi che suggeriscono un passaggio continuo. Le porte richiamano Palazzo Gondi, la Porta del Paradiso, la chiesa dei Santi Apostoli e Biagio in Piazza del Limbo – luogo prezioso, dove ci siamo sposati – Palazzo Vecchio e Palazzo Pitti: soglie reali e simboliche della memoria fiorentina, che ci appartiene. Perché ogni progetto nasce attraversando una soglia nuova. Accanto a queste, un fregio ispirato ai motivi di Palazzo Gondi. Tra le sue linee compare una forma che ricorda piume leggere, dettaglio presente anche in un’opera di Donatello in Santa Croce, divenuto ormai familiare. È un segno dell’artigianato storico e dell’architettura fiorentina, reso più essenziale ma ben radicato nella tradizione.
Sempre tornare.
Abbiamo scelto di imprimere un epigramma che sentiamo vicino: «O tu che mi hai fatto tornare mentre sempre mi chiami», versione libera di un frammento attribuito a Saffo. È un richiamo alla casa interiore, alla nostra città, agli spazi che cerchiamo di costruire ogni giorno. Una frase breve, che ha la forza di aprire un mondo, come la fiamma di una candela che nel silenzio continua a illuminare.